In Basilicata vince l'astensionismo, anzi vince il PD. Sulla carta il vincitore è Marcello Pittella, ma il dato più eclatante di queste elezioni è stata la scarsa affluenza alle urne di cittadini sempre più sfiduciati verso la politica, soprattutto dopo le note vicende che hanno accompagnato la fine prematura del precedente esecutivo regionale. L'indignazione camminava per le strade, serpeggiava in rete, dove si reclamava volontà di cambiamento e di rinnovamento di una classe politica che da oltre venti anni è riuscita solo ad impoverire una regione piena di risorse, nel dilagare di corruzione e clientelismo. Tutto questo accadeva solo pochi mesi fa, giorni che ora sembrano lontani, talmente tanto lontani che quei pochi cittadini che si sono recati alle urne, colpiti forse da improvvisa amnesia, hanno finito per votare la stessa classe politica che solo pochi mesi prima si era ritirata tra indagini e vergogna. Un po' come in quel gioco dove i bambini stanno seduti, poi inizia la musica e tutti corrono intorno alle sedie e, quando la musica finisce, vince chi riesce a sedersi nuovamente. Chi resta in piedi perde. Questa volta il giro di valzer è stato alquanto breve e, finita la musica, chi è rimasto in piedi siamo stati noi cittadini con le nostre speranze di cambiamento, è rimasto in piedi il nostro paese ancora una volta non rappresentato a livello regionale. Che la musica fosse sempre la stessa, del resto, si era capito già dalla campagna elettorale, fatta a colpi di voti da arraffare e contemporaneamente disperdere tra i tanti, troppi candidati per un paese solo. Il risultato è stato che, ancora una volta, decisioni che influiranno anche sulla vita del nostro territorio saranno prese da altri e noi resteremo a guardare, e ad assistere allo spettacolo desolante che il nostro paese è diventato.
L'occasione di cambiamento forse c'era ed è stata persa, perché hanno prevalso logiche individualiste, non solo nelle candidature, ma soprattutto nell'elettorato, mosso al voto troppo spesso da motivi di amicizia o di convenienza. Del resto è proprio l'individualismo imperante ad ogni livello, locale o nazionale, che ci ha portato dove siamo, e ancora una volta è stata percorsa la stessa strada, come se dalla recente storia non avessimo imparato nulla.
Abbiamo avuto ed abbiamo migliaia di ragioni per indignarci, ma questa volta ci toccherà fare un po' di autocritica, chiederci se il nostro non voto o il nostro voto è stato espresso per le ragioni giuste. Il cambiamento non possiamo aspettarcelo solo da chi ci governa, a questa terra per cambiare serve imparare dagli errori del passato e guardare al futuro. Cominciamo a farlo noi.
Viviana Verri