La recensione del romanzo di Raffaele Marra ‘Il ragno e la mosca’ a cura di Giovanni Di Lena
- Post 19 Settembre 2020
Il disegno, inchiostro su cartoncino telato di Nicola Russo, che Raffaele Marra ha scelto come copertina del suo libro “Il ragno e la mosca”, ne sintetizza egregiamente il contenuto: l’ombra nera non è solo la proiezione a terra della sagoma del ragazzo, ma rappresenta anche il passato di cui il protagonista del libro vorrebbe liberarsi, ma che ritorna prepotentemente a galla “in alcuni momenti di transizione” perché è “un passato scritto nella memoria che contiene la verità pura dei ricordi … che le ruspe non possono cancellare”.
Il libro, edito da Edigrafema (MT) giugno 2020, consta di 6 capitoli intitolati con i nomi dei giorni della settimana, dalla Domenica al Venerdì scritti in prima persona, mentre il prologo e l’epilogo sono scritti in terza persona. Il protagonista è Simone Malànima, un ingegnere di oltre 50 anni che, recandosi nei luoghi della sua infanzia e della sua adolescenza, per vendere l’immobile di proprietà della famiglia, “ritorna con la mente all’infanzia” e al “momento esatto” in cui cominciò “a diventare grande sul serio”.
Con un linguaggio scorrevole e colloquiale nello snodarsi della storia vengono sfiorate varie tematiche: la complessità delle relazioni familiari, i rapporti tra coetanei all’interno e al di fuori della scuola, la disoccupazione e l’emarginazione sociale di chi vive in condizioni di estrema povertà, ma questi temi non appesantiscono il racconto perché ad essi l’autore, per una forma che definirei di pudore, accenna solamente.
Giovanni Di Lena
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