23Dicembre2024

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Sito nazionale di scorie nucleari: Matera è ancora in corsa!

Da Capitale Europea della Cultura a sede del deposito nazionale delle scorie? Matera e l’alta murgia rischiano di diventare terreno ideale per “accogliere” la monnezza nucleare? Il rischio, per l’associazione “No Scorie”, ci sarebbe: nella mappa delle aree redatta da Sogin (la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi) nel 2010, infatti, le aree della nostra regione interessate sono, oltre a Scanzano Jonico e Craco, anche Matera e l’alta murgia.
A 11 anni dalla mobilitazione pacifica di Scanzano, dunque, il pericolo scorie torna d’attualità. A inizio 2015 la Sogin renderà noto a ministeri ed enti competenti l’elenco dei siti idonei per la localizzazione del deposito nazionale. In primavera, poi, i siti idonei saranno resi pubblici. Siamo alla stretta finale, dunque, e No Scorie fa notare come, se per Scanzano Jonico, il rischio sembrerebbe ormai svanito, così come per Craco, da quell’elenco la zona della città dei Sassi e della vicina Altamura potrebbero tornare d’attualità, tanto più che in quell’area insiste una servitù militare che potrebbe fare comodo.
L’esclusione di Scanzano, non certificata ma dedotta, deriva da un’attenta lettura dei criteri che Ispra ha elaborato per l’idoneità dei siti: distanza da centri abitati, fiumi, mari, acquiferi e luoghi dove già si sfrutta il sottosuolo, rischio sismico, dissesto e rischio idrogeologico. E’ evidente l’incompatibilità delle scorie nucleari con la presenza di acqua (Scanzano Jonico) e lo sfruttamento del sottosuolo in atto da coltivazioni di idrocarburi, acque e minerali.
A tal proposito va dato atto che da oltre 9 anni No Scorie ha sostenuto che l’Itrec di Rotondella non può restare sotto la più grande diga d’Europa in terra battuta (Montecotugno), in una zona ricca di falde idriche, vicino al fiume Sinni, al mar Jonio e in un territorio dove ci sono già infiltrazioni di acqua marina. Con l’approvazione dei criteri di Ispra, in pratica, le tesi di No Scorie sono state prese in considerazione. Dove c’è acqua, dunque, non ci possono essere scorie. Anche per i calanchi di Craco gli argomenti in tema di incompatibilità sono forti: presenza di falde idriche superficiali, sismicità, dissesto e rischio idrogeologico, rischio di alluvioni, presenza di dighe e bacini idrici, corsi d’acqua, presenza di pozzi di gas e greggio. A ciò si aggiunga che si tratta comunque di zone abitate.
Resta il dubbio su Matera e l’alta murgia: la speranza è che la mappa del 2010, essendo assoggettata ai nuovi criteri e a studi di compatibilità ambientale, venga modificata depennando la Capitale europea della Cultura. Di sicuro c’è che il percorso per la scelta del deposito nazionale dovrà essere condiviso con le istituzioni locali: stavolta Sogin sembra determinata a non commettere gli errori del 2003.
Il deposito, va ricordato, occuperà una superfice di 300 ha e sarà di tipo superficiale per ospitare i rifiuti nucleari di 1° e 2° categoria per una durata di 300 anni: le quantità varieranno dai 75mila ai 90mila metri cubi. Il sito, infine, ospiterà in maniera provvisoria anche i rifiuti di 3° categoria, (quelli che durano migliaia di anni), in attesa di una sistemazione in un sito europeo o transfontaliero. Nel deposito nazionale dovranno essere stoccate anche le barre di Elk River, ora custodite all’Itrec.

NO SCORIE TRISAIA: ‘PITTELLA RESTA IN SILENZIO’ - “Le nostre preoccupazioni sulla scelta del sito del deposito nazionale di scorie non riguardano le questioni tecniche, ma quelle politiche”. Felice Santarcangelo, presidente di “No Scorie Trisaia”, va subito al punto nodale della questione scorie: è la politica a far paura, visto anche quanto accaduto per lo “Sblocca Italia”.
“Il deposito nazionale – ha spiegato - sarà venduto come l’ennesima opportunità per i territori per fare cassa in termini di compensazioni e posti di lavoro. Le cifre sono apparentemente alte: volendo riprendere quelle che furono enunciate nel 2003, all’epoca si parlava di circa 300 milioni di euro che sarebbero andate alla regione ospitante e circa 50 al comune interessato, oltre centinaia di posti di lavoro promessi nel famoso parco tecnologico annesso al deposito”.
In pratica, ha aggiunto il presidente di No Scorie, “molto di più di quanto si vorrebbe ottenere da anni dal memorandum sul petrolio”.
Chi paga questo investimento? I cittadini? “I denari per la costruzione del deposito e delle stesse compensazioni nucleari – ha confermato Santarcangelo - graveranno per intero sulla bolletta elettrica pagata dai cittadini, al pari degli attuali costi del decommisioning nella componente A2 della bolletta elettrica”.

Insomma, potrebbe prospettarsi un’altra Scanzano? “Tutti ricorderanno la reazione delle popolazioni joniche a simile offesa nel 2003 per il territorio, proprio a margine delle famose compensazioni sul deposito nucleare di Scanzano Jonico”.
Quello potrebbe essere un “esempio per amministratori poco attenti alle vere economie del territorio, che dimenticano troppo velocemente anche la storia recente. Dal canto nostro – ha preannunciato il leader di Noscorie Trisaia - anche con l’Osservatorio Jonico Indipendente sul deposito nazionale di scorie nucleari, resteremo vigili affinché la Capitale Europea della Cultura 2019, mentre si vorrebbe circondarla di trivelle e rifiuti petroliferi, non si trasformi nel simbolo del sottosviluppo culturale ed economico legato alle scorie nucleari e ai rifiuti.
Le popolazioni di Basilicata stanno combattendo in questo momento una battaglia contro le istituzioni affinché non lascino trasformare l’intera regione, con lo Sblocca Italia del Governo Renzi, nel pozzo nero d’Europa e, nella peggiore delle ipotesi, anche della discarica radioattiva italiana. Tutto questo mentre Pittella, più volte invitato a deliberare contro il deposito nazionale di scorie, come già ha fatto a maggio la regione Sardegna all’unanimità, resta in silenzio”.

I LUCANI SUI BLOCCHI CONTRO IL SITO UNICO - La Basilicata è da anni nel “mirino” in quanto ipotetica sede ideale del deposito unico delle scorie nucleari italiane. Nel 2003, quando il governo Berlusconi decise di creare il sito in un’area vicina al mare, a Scanzano Jonico, scattò la protesta pacifica ma ferma e imponente. Nelle miniere di salgemma, ai confini tra il centro jonico e Pisticci, fu deciso di trasportare tutte le scorie nucleari italiane per ovviare alla decisione di non realizzare più 20 depositi sparsi per l’Italia, essendo tale progetto antieconomico. Scanzano fu scelta perché aveva le caratteristiche geologiche ideali per un deposito di profondità.
Il 16 novembre la prima manifestazione di protesta: 10mila persone si riversarono a Terzo Cavone, in prossimità del sito, e la 106 Jonica venne bloccata per 25 chilometri. Il giorno dopo venne bloccata la stazione ferroviaria di Metaponto, mentre presidi vennero creati al centro Enea di Rotondella, al bivio di Pisticci sulla Basentana, in Puglia, Calabria e Campania: a Lauria  fu occupata la Salerno-Reggio. Il 23 novembre più di 100mila persone sfilarono, da Policoro a Scanzano, per la più grande manifestazione di tutti i tempi in Basilicata. Il 27 novembre il governo  fece marcia indietro, liberando la gioia del popolo lucano che festeggiò con caroselli di macchine e la rimozione dei blocchi stradali.

L’OSSERVATORIO JONICO INDIPENDENTE - Un osservatorio tecnico-scientifico indipendente sulla realizzazione del futuro deposito nazionale di scorie nucleari con l’obiettivo di dare maggiore trasparenza alla gestione della coda del nucleare italiano. Presentato a maggio, l’Osservatorio Jonico Indipendente sul deposito nazionale di scorie nucleari è tuttora attivo: vede insieme associazioni, cittadini, tecnici, volontari e sindaci dell’arco jonico appulo-lucano-calabrese che vigilano sulla realizzazione del futuro deposito nazionale di scorie nucleari di prima, seconda e terza categoria. I compiti dell’osservatorio riguardano l’analisi, lo studio e l’informazione sulle attività che Sogin, istituzioni, terzi e privati metteranno in campo per la realizzazione del deposito nazionale di scorie nucleari.
L’osservatorio segue le politiche di comunicazione e i rapporti che Sogin intraprenderà con le comunità locali interessate e porrà attenzione particolare sul decommissioning in atto, in particolare, all’Itrec di Rotondella. L’obiettivo è evitare che il deposito provvisorio diventi definitivo.
L’osservatorio, però, vuole anche accrescere la cultura scientifica sull’argomento e cercare maggiori condizioni di sicurezza per le popolazioni e i lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti: in tal senso, esso fa da stimolo alle istituzioni affinché si migliori la ricerca in tema di riduzione della pericolosità delle scorie nucleari e di utilizzo di tecnologie, specie per quelle mediche e industriali.
Nell’agenda dell’Osservatorio, inoltre, c’è anche un incontro con la Sogin e le istituzioni competenti per avviare un dialogo al fine di dare maggiore trasparenza alle azioni messe in campo nel campo del nucleare. Infine, a Regione e Comune di Rotondella si chiede l’istituzione di tavoli intercomunali fissi e prestabiliti sulla gestione del decommissioning all’Itrec: un di essi si è già tenuto.

Piero Miolla
servizio pubblicato su
La Gazzetta del Mezzogiorno